Gli arcobaleni sono senza dubbio una delle manifestazioni ottiche dell’atmosfera che più colpisce l’immaginario e la fantasia dell’uomo.
Scientificamente furono studiati per la prima volta dal matematico Cartesio nel 1637, il quale capì il meccanismo del passaggio della luce nelle gocce d’acqua e calcolò matematicamente la posizione angolare dell’arcobaleno primario (circa 42° dal punto antisolare). Trenta anni dopo, il fisico Isaac Newton intuì che la riflessione della luce avviene con angolazioni diverse in base alle diverse lunghezze d’onda dello spettro visibile: il rosso a 42° ed il violetto a 40° dal centro dell’arco.
Ora sappiamo che gli arcobaleni sono costituiti da un arco con i colori dell’iride, con il raggio variabile dell’arco primario da 39° a 43° e con centro nel punto antisolare, chiamato antelio, ovvero distante 180° dal disco solare (punto antelico), quindi mai visibile a qualsiasi osservatore sul suolo terrestre.
Essi si formano per la riflessione interna della luce solare, o lunare, nelle gocce d’acqua: quando il fascio di luce passa dentro una goccia viene rifratto, riflesso e quindi nuovamente rifratto proprio come accade in un prisma. Se nella goccia avvengono due riflessioni, invece di una sola, si forma un secondo arco (secondario) con i colori simmetrici rispetto al primo e con raggio variabile da 50° a 57°. In tal caso il secondo arco avrà uno spessore pari al doppio del primo, ma una luminosità ridotta del 43%.
Si possono formare anche arcobaleni di ordine superiore al secondo, il cui numero d’ordine è determinato dal numero di riflessioni interne alla goccia d’acqua.
Nel processo ottico di formazione, il fronte d’onda, come aveva giustamente intuito Isaac Newton, viene scisso così che i singoli spettri (infrarosso, colori visibili ed ultravioletto) formano separatamente dei propri archi monocromatici con raggi diversi l’un l’altro; tuttavia per l’osservatore è impossibile distinguerli separatamente, quindi si possono osservare solamente uniti in un singolo arco colorato il cui spessore è la somma dei tanti singoli spettri.
Vediamo i diversi angoli di riflessione nelle diverse lunghezze d’onda, secondo uno studio di David K. Lynch e William Livingston pubblicato nel 1995 (Cambridge University):
Visibiltà e sviluppo
Gli arcobaleni sono visibili durante o dopo i temporali solo se il Sole ha un’elevazione inferiore a 42°; da ciò si deduce che mediamente non sono visibili nelle ore centrali del giorno.
Si possono formare più facilmente in estate durante i violenti ed isolati temporali o durante il resto dell’anno dopo il passaggio di un fronte freddo. Quando si guarda un arcobaleno, sicuramente piove tra l’osservatore e la fotometeora, al contrario e dalla parte opposta, il cielo si rischiara; infatti la presenza di un arcobaleno, il più delle volte, indica che la pioggia sta per finire. Considerando che in Italia i temporali hanno una frequenza maggiore nel pomeriggio, si deduce che la maggior parte degli arcobaleni si può vedere a Nord – Est, con il Sole a Sud – Ovest. In questi casi sembra che l’arcobaleno nasca proprio dal punto cardinale Nord per finire nel punto cardinale Est.
Fogbow - arcobaleno bianco
L’intensità cromatica dell’iride viene determinata dal diametro delle gocce d’acqua: grandi dimensioni nell’ordine di 1,5 mm, o più, creano colorazioni molto contrastanti, con archi soprannumerari ben visibili, mentre diametri inferiori fino a 0,1 mm rendono l’arcobaleno pallido ed evanescente; se invece le gocce hanno misure inferiori a 0,05 mm, l’arco primario appare biancastro e poco visibile tra i fumi delle nebbie. In questo caso non si parla più del comune arcobaleno (rainbow), ma del raro “arco bianco” da nebbia (fogbow). Tale arco si manifesta solamente con le minuscole gocce d’acque delle nebbie o delle foschie ed assume le stesse dimensioni angolari e la stessa intensità luminosa dell’arcobaleno secondario.
Archi soprannumerari
Si possono anche formare degli archi soprannumerari, ovvero dei tenui filamenti paralleli di colorazione indaco che si sviluppano nella parte inferiore dell’arco primario. Per semplicità possiamo considerare che la loro origine sia dovuta alle riflessioni spurie interne alle grosse gocce d’acqua quando queste contengono granuli di pollini, pulviscolo atmosferico o semplicemente oscillano e cambiano forma nelle rotazioni veloci e casuali durante la precipitazione.
Per approfondire:
Arcobaleno lunare
L’arcobaleno selenico è una fotometeora abbastanza insolita e rara per la peculiarità dei singoli eventi che si devono verificare simultaneamente: brevi e violenti temporali notturni (tipici dei Tropici) e forte illuminazione proveniente dalla Luna che deve essere piena o quasi piena. Gli arcobaleni selenici appaiono pallidi e poco saturi perché la luce lunare è circa un milione di volte più debole di quella solare.
Arcobaleno rosso
I raggi solari, o lunari, al tramonto percorrono lunghi sentieri attraverso l’atmosfera inferiore dove vengono dispersi dalle polveri dalle molecole d’aria. Ne consegue che lo scattering filtra il blu ed il verde maggiormente rispetto al giallo ed al rosso perché hanno una lunghezza d’onda più breve. Il risultato è che durante i tramonti e le albe porpora gli arcobaleni divengono rossi.
Banda di Alessandro
La “Banda di Alessandro“ è costituita da una fascia buia compresa fra l’arco primario e quello secondario; essa prende nome da Alessandro di Afrodisia, un filosofo greco, che nel 200 AD descrisse per primo il fenomeno nelle sue “Cronache”. La fascia generalmente appare più scura delle regioni esterne agli archi perché la luce in quella zona viene polarizzata dalle gocce d’acqua e convogliata verso le parti esterne. In rari casi si possono notare delle striature blu; esse appartengono all’arco del quinto ordine che si forma proprio sul bordo superiore della banda.
Arcobaleni riflessi
Talvolta si possono osservare arcobaleni rispecchiati sull’acqua, o, in rarissimi casi, sdoppiamenti di arcobaleni causati dalla luce solare riflessa dal mare. In quest’ultimo caso si formano due arcobaleni sfasati di alcuni gradi: il primo con centro nel punto antisolare al di sotto dell’orizzonte e generato dalla luce solare diretta, ed il secondo determinato dalla luce solare riflessa dall’acqua con il centro non più antelico, ma al di sopra dell’orizzonte e con l’arco primario proiettato tra lo Zenit ed il primo arcobaleno.
Sotto queste rare condizioni i due archi appaiono identici e si sovrappongono parzialmente fra di loro, quasi a formare un unico arco con una doppia iride. Inoltre i rispettivi archi soprannumerari si fondono fra di loro.
Nell’osservare questo fenomeno si noti anche che gli archi rossi degli arcobaleni sono paralleli fra loro, non speculari e piuttosto vicini. Questo significa che un arco non può essere considerato il secondario dell’altro.
Consigli per la fotografia
Frequentemente gli arcobaleni si manifestano con colorazioni molto evidenti, tuttavia per riprendere anche i deboli cromatismi degli archi soprannumerari e degli archi di ordine superiore al primo, si devono usare gli accorgimenti e le tecniche descritte per le altre fotometeore. È indubbio, quindi, che è opportuno usare ottiche ben corrette che non soffrono di aberrazione cromatica come ad esempio quelle con lenti a bassissima dispersione.
Considerando che l’arco primario ha un raggio esterno di circa 42°, per fotografarlo completamente nella sua estensione sarà necessario usare un’ottica che abbia un campo apparente maggiore di 84°. Se invece volessimo fotografare anche l’arco secondario, con il raggio che arriva a 56°, allora l’ottica dovrà avere un campo di ben 112°. Gli obiettivi con queste caratteristiche sono gli ultragrandangolari come il 18 mm ed il 20 mm per il primo caso ed i fisheye per il secondo caso. Una buona scelta potrebbe ricadere sulle ottiche Venus Laowa, oppure Irix 11 f/4 e 15 f/2.4 che hanno rispettivamente campo inquadrato pari a 124° e 110°.
Per riprendere esclusivamente i dettagli, come ad esempio gli archi soprannumerari, si consigliano invece i medio tele luminosi per la loro elevata capacità di risoluzione. Secondo i recenti test MTF tra i migliori medio in commercio spiccano i Sigma 135 f/1.8 Art con un altissima nitidezza sia ai bordi sia al centro; inoltre la distorsione e la vignettatura sono inesistenti.
L’uso di filtri ottici è deleterio tranne di quello Skylight, utile solo per proteggere l’ottica dalle gocce d’acqua presenti nell’aria durante gli scatti.
Circa i tempi d’esposizione è opportuno eseguire una serie di tre scatti “a forcella” come per le fotometeore sopracitate.
Infine per il rarissimo arcobaleno lunare le sensibilità più idonee sono pari a 400-800Iso.
Misurazione esposimetrica: spot o semispot.